Susino Armascia Gialla
Prunus domestica L.
RISCHIO DI EROSIONE: Alto
DESCRIZIONE
I frutti, di dimensioni medio piccole (26 g di peso), hanno forma ellittica e sono simmetrici in visione ventrale. La sutura in prossimità del picciolo è poco profonda, mentre la depressione in corrispondenza dell’apice è debole con tomentosità assente. La buccia ha colore di fondo da verde giallastro a giallo. La polpa, di colore giallo, è mediamente morbida con scarsa succulenza.
Il nocciolo ha forma ellittico stretta in visione sia laterale sia ventrale. La troncatura della base è stretta, lo sviluppo della carena è debole, mentre acuta è la forma dell’apice. La faccia laterale si presenta con tessitura martellata, mentre l’apice ha forma acuta. Il seme rappresenta il 4% del peso totale del frutto. La polpa si separa con molta facilità dal nocciolo (spiccagnola).
La fioritura avviene tra la fine del mese di marzo e l’inizio di aprile (prima decade di aprile per Stanley). La maturazione dei frutti si ha intorno alla terza decade del mese di luglio (prima decade di agosto per Stanley). La raccolta è scalare ed il consumo, data la facile deperibilità, è immediato.
CENNI STORICI
La denominazione locale con cui questa vecchia cultivar di susina è conosciuta nel territorio amerino non ha una chiara origine etimologica, dal momento che l’insolito termine Armascia risulta completamente assente dai dizionari di qualsiasi genere lessicografico (compresi quelli dialettali). D’altra parte, è largamente documentata l’esoticità che sin dall’epoca romana si accompagna nell’immaginario collettivo (dotto e popolare) al frutto della prugna domestica che, come attestano fonti più recenti, deriverebbe il sinonimo di Susina dalla città di Susa in Persia (Muratori L., Dissertazioni sopra le antichità italiane, Marchini, Firenze, 1832: 310).
Un’ipotesi di studio in tal senso è offerta dall’eclatante caso di corruzione linguistica che, nel corso dei secoli, ha caratterizzato la nomenclatura della susina più citata e stimata della storia: la prugna Damascena o Damaschina. Diversi autori, in diverse epoche, si sono infatti riferiti a questa varietà usando una congerie di nomi. D’altra parte, l’alterazione del nome è talmente nota da essere codificata nel Grande Dizionario dell’Uso italiano e nel Grande Dizionario della Lingua Italiana del Battaglia alla voce amoscino/damasceno, come pure in numerosi vocabolari dialettali che riportano la voce nelle sue molteplici versioni locali e/o gergali: ramassin, moscin, ammassina, amoscina, armuscin (De Mauro T., Grande dizionario italiano dell’uso, vol. I, A-CG, Torino, UTET). Non è un caso perciò che, ad esempio, una varietà di Susino del Piemonte sia chiamata con uno di questi nomi: Ramassin del Saluzzese. Abbastanza plausibile, dunque, che il termine Armascia possa costituire una delle tante varianti e/o storpiature dialettali utilizzate, in tempi e luoghi diversi, per designare l’antichissima Damaschina, alla quale il frutto prelevato nel territorio di Amelia sembrerebbe avvicinarsi anche nell’aspetto. In effetti, confrontando la Susina Armascia con la descrizione e l’immagine riportate dal Gallesio nella sua Pomona a proposito della Damaschina estiva è possibile rilevare numerose concordanze morfologiche e organolettiche: «La susina damaschina d’estate è una varietà della Damaschina settembrina. Le loro piante si somigliano tanto, che chi non è ben avvezzo a vederle ambedue, le prende facilmente l’una per l’altra. […] Il frutto della Damaschina estiva ha le modeste forme di quella settembrina, ma è un poco più grosso, e la sua buccia, che è gialla, spicca un poco più, perché il polline bianco che la vela è più leggiero. La polpa è gialla, carnosa nella mezza maturità, e piena di un sugo grazioso, il cui sapore è particolare alle due Damaschine; ma per poco che passi diventa pastosa, e perde del suo rilievo, cosa che non succede nella settembrina». Nel corso dei secoli, infatti la Damaschina si diffuse ampiamente sull’intero territorio nazionale, trovando il suo habitat ideale in molte regioni italiane. Le cultivar di Damaschine rintracciabili nella nostra penisola sono piuttosto numerose, il Tamaro le classifica come una vera e propria famiglia varietale: «rotonde, oblunghe, ovoidali, adatte alla mensa e all’essiccazione». Egli cita tra le migliori proprio la Damaschina d’estate, dandone la seguente descrizione: «ovale-oblungo di colore giallo intenso con poca pruina, polpa gialla carnosa e piena di succo grazioso, dura lungo tempo sull’albero e può fornire la tavola per un mese» (Tamaro D., Trattato di frutticoltura, U. Hoepli, Milano 1915: 728). Non è ovviamente possibile sostenere una qualche corrispondenza tra la Susina Damaschina d’estate e la cultivar Armascia gialla, solo se ne sottolineano le corrispondenze. Della varietà parla l’agronomo Mancinelli nel suo lavoro “I Fichi e le Susine di Amelia” del 1925. Nel testo, in riferimento alla varietà, così viene descritta: «[…] è la prima varietà da tavola che si mangia fresca. Assomiglia alla verdacchia ma è più piccola; il frutto matura alla fine di luglio. L’«armasce» è più grande della susina zuccarina e matura prima di questa varietà. Non si essicca però perché rimarrebbe quasi solo il nocciolo dopo l’essiccamento. Ha polpa soda, dolce e poco acquosa» (Mancinelli A., pagg. 11-12). Relativamente ad una descrizione morfologica e agronomica di dettaglio della varietà, ad oggi non sono stati trovati lavori o citazioni utili in tal senso.
ZONA TIPICA DI PRODUZIONE
La varietà risulta essere piuttosto diffusa nel comprensorio Amerino e particolarmente nel Comune di Amelia. Attualmente sopravvivono, rispetto al passato, un numero esiguo di esemplari, in quanto la varietà non risulta più essere oggetto di coltivazione, se non per consumo familiare.
UTILIZZAZIONE GASTRONOMICA
Utilizzata per il consumo fresco, come frutta da tavola.
Testi tratti da “Schede Registro Regionale delle risorse genetiche autoctone della Regione Umbria”
biodiversita.umbria.parco3a.org/attivita/registro-regionale/elenco-delle-risorse-iscritte