Fagiolo Secondo del Piano di Orvieto
Phaseolus vulgaris L.
RISCHIO DI EROSIONE: Medio alto
DESCRIZIONE
Varietà con ciclo produttivo breve: si semina in un periodo che va dal 20 giugno al 3 luglio e si raccoglie dal mese di ottobre. La semina tardiva può aiutare a sfuggire agli attacchi di tonchio. Generalmente si tracciano dei solchi, che vengono preventivamente bagnati, poi si semina a spaglio sulla fila.
Avendo un ciclo colturale breve ed essendo una varietà rustica, il Fagiolo Secondo del Piano non ha bisogno di particolari trattamenti e fertilizzazioni: secondo la tradizione è proprio questo legume a seguire sul terreno altre coltivazioni come i cereali e le orticole e a sfruttare quindi la sostanza organica lasciata dai loro residui oltre che a rilasciare azoto come tutte le leguminose.
Si tratta di un fagiolo a sviluppo determinato. I semi sono di colore bianco e forma ellittica. Quando i baccelli cominciano a ingiallire e le foglie sono parzialmente cadute, si estirpano le piante e si lasciano essiccare, quindi si procede alla sgranatura.
CENNI STORICI
Nel Testo Usi e Costumi nel Territorio Perugino agli inizi del ‘900 Luigi Catanelli racconta come a Perugia in Piazza delle Erbe all’epoca si trovassero «sacchi e canestri pieni di mele conventucce di Gubbio, delle melattine e delle rosciole di Cannara, delle castagne di Umbertide e di Bettona […], delle cipolle gialle e rosse di Cannara, dei fagioli di Orvieto, delle lenticchie di Castelluccio, di ceci e fave nostrane», lasciando intendere che i fagioli di Orvieto fossero una prelibata tipicità al pari di altre più famose come le mele Conventine di Gubbio, le lenticchie di Castelluccio e le cipolle di Cannara.
I fagioli citati dovevano essere con molta probabilità coltivati nella piana di Orvieto alla base della rupe, lungo l’argine del fiume Paglia, zona particolarmente vocata perché ricca di vene di ottima acqua proveniente dai pendii circostanti, tra cui quella rinomata della zona Tamburino. Alcuni anziani contadini della zona ricordano abbondanti coltivazioni di fagioli proprio nei terreni adiacenti al fiume Paglia: terre alluvionali, fresche e permeabili. Dai racconti degli anziani della zona, su questi terreni, molto vocati anche per il grano, alcune particolari tipologie di fagioli a ciclo molto breve venivano coltivate in secondo raccolto, a giugno dopo la trebbiatura, e per questo venivano chiamati “fagioli secondi del piano”.
Di quelle tipologie una sola è sopravvissuta, conservata da un anziano agricoltore del posto: un fagiolo a portamento eretto non rampicante, dal seme color bianco-crema e la forma obovata. Negli anni ’50, questo fagiolo era denominato addirittura “l’oro bianco del Paglia”. Testimonianze risalenti alla Prima guerra mondiale raccontano del Sindaco di allora impegnato nella battitura dei fagioli secondi del piano.
La tradizione di questo fagiolo è testimoniata inoltre da alcuni documenti della Cattedra Ambulante di Agricoltura che risalgono alla fine del 1800. I coltivatori lo vendevano o lo barattavano per acquistare l’olio di oliva, che non veniva prodotto nella zona del Piano.
Il recupero della varietà locale risale a circa 15 anni fa quando il Sig. Costantino recuperò questo fagiolo da un anziano agricoltore suo vicino e cominciò a coltivarlo nella zona del Piano di Orvieto. Da allora la coltivazione si è estesa anche ad altri agricoltori che sono riusciti ad ottenere il riconoscimento come Presidio Slow Food. Successivamente si è costituita l’Associazione “Il Fagiolo secondo del Piano di Orvieto”.
ZONA TIPICA DI PRODUZIONE
Terreni situati nella valle del fiume Paglia, ai piedi della rupe di Orvieto e fino alla loc. Ponte Giulio.
UTILIZZAZIONE GASTRONOMICA
Il Fagiolo Secondo del Piano non ha bisogno di ammollo e ha un gusto molto delicato. Viene consumato sia da solo o come ingrediente principale nella tipica ricetta della zona, i fagioli “all’uccelletto”. Per preparare questo piatto i legumi sono bolliti e poi ripassati in padella con aglio, olio, salvia e pomodoro, infine conditi con un filo di olio extravergine a crudo.
Testi tratti da “Schede Registro Regionale delle risorse genetiche autoctone della Regione Umbria”
biodiversita.umbria.parco3a.org/attivita/registro-regionale/elenco-delle-risorse-iscritte